domenica 14 agosto 2016

Amicizi&

La mia vita è sempre stata scandita da amicizie profonde.

Fin dai tempi dell'asilo ho avuto un'amica del cuore: si chiamava Emma, ma non ho alcun ricordo di lei; alle elementari c'è stata Valeria, alle medie Tania, al liceo Margherita, e poi.... Silvia - la fotografa -, Alberto - Chopin reincarnato -, Carolina - la veterinaria -, Chiara - la cantante -, Elisa -la nuova insegnante - e infine Giulia, la ballerina.

Con loro ho condiviso più o meno intensamente vere e proprie fasi della mia vita; in ognuna, ho stretto un'amicizia profonda e intensa, che poi è rimasta solida negli anni. Solo  con Alberto, il mio pianista idolo di allora, ho perso i contatti; ma sono certa che, se ci rivedessimo, scopriremmo di non aver perso l'amicizia che ci legava.

Quando nasce un'amicizia c'è, o almeno questa è la mia esperienza, un'atmosfera di innamoramento; mi piace la persona, sento affinità emotiva, una sensibilità simile ma diversa dalla mia, e spesso, ma non sempre,  ci sono interessi in comune. Inizia così una frequentazione assidua, fatta di molteplici esperienze condivise semplicemente perché entrambi desideriamo fare cose che CI piacciono, insieme; tutto (o quasi) è naturale e spontaneo, si trascorre molto tempo insieme senza secondi fini, senza tattiche, con grande semplicità di sentimento.

Perché, mi chiedo io, quando invece mi piace un uomo, tutto diventa più difficile e complicato? I vari "Gli sarò piaciuta? Mi chiamerà? Come faccio a farmi desiderare?" E poi, anzi prima " Mi piace davvero? Non è solo accondiscendenza?" ... Oppure " E' carino, intelligente, dolce, simpatico. Perché non mi piace? Ho qualcosa di sbagliato io?" E mille altri pensieri. In realtà, quando conosco un ragazzo che mi suscita qualcosa, sono molto spontanea. Ma se la cosa non prosegue linearmente da entrambe le parti (cosa che, per ora, credo non mi sia mai capitata), iniziano le tattiche/pippe mentali.

Beh, a 35 anni, ripensando alle mie relazioni sentimentali e di amicizia, posso dire che sono da tempo single. Ho avuto una storia abbastanza importante molti anni fa, un periodo ho avuto bisogno di stare da sola per "trovarmi" e diversi flirt. No, gli uomini non scandiscono affatto la storia della mia vita. Non ho avuto il ragazzo delle medie, quello del liceo, quello dell'università ecc ecc. Né scandiscono le mie fasi interiori, la mia evoluzione come persona.

Mi verrebbe da dire che io sono una da "amicizie" e non da relazioni sentimentali. Se devo ripercorrere la mia vita, posso farlo a suon di amiche, non di fidanzati. Forse, per lo meno in parte, potrei farlo a suon di flirt. Eppure, io non mi sento di dire che preferico l'amicizia. Vorrei incontrare un uomo con cui le cose nascano naturalmente e spontaneamente come le mie amicizie. Vorrei un uomo con cui sentire la stessa sintonia, seppure in modo diverso, che sento con la mia amica del cuore del presente. Perché sì, ognuna è stata la mia amica del cuore per una fase di vita, ma tutte, oggi, sono mie carissime amiche. 

Forse, ho diverse amiche del cuore proprio perché sono single da tempo. E forse, sono single da tempo anche perché, quando conosco un ragazzo, si creano dinamiche e aspettative che sembrano minare la spontaneità. Ma io non sono il tipo che cerca di ingabbiare, di acchiappare, che cerca uno per metter su casa o altro. E questo, i vari flirt che ho avuto, non so se l'hanno mai capito. 
Io cerco solo una relazione spontanea con una persona che corrisponda la mia sensazione di sintonia, e il desiderio di trascorrere del tempo insieme. Le cose non nascono serie, caso mai (e non è detto) lo diventano.

La maggior parte della mia vita di relazione fino ad oggi è Amicizia. Vorrei solo poter scrivere, un giorno non troppo lontano, che la mia vita è Amicizia e Amore. 


mercoledì 27 gennaio 2016

E TU, GRANDE, SAI CHIEDERE SCUSA?



E TU, GRANDE, SAI CHIEDERE SCUSA?

    Ho visto una bimba, qualche giorno fa, mancare di rispetto alla sua nonna. Era arrabbiata e non è riuscita a controllare la propria rabbia per un "ordine" da lei ritenuto ingiusto, offendendo la nonna. Questa, donna di una certa età e molto sensibile, si è profondamente risentita; tutto nel suo sguardo e nel suo modo di porsi alla nipotina dicevano che era stata ferita. La bimba la osservava, con timore, ma avvertendo il risentimento della nonna, non osava rivolgerle parola.

    Finché una ragazza giovane, forse la mamma o la zia, accortasi del gelo che si era creato tra nonna e nipote per una quisquilia, ha preso in braccio la bimba e, con amore, l'ha invitata a riflettere sul suo comportamento, senza aspettarsi una risposta prestabilita. Con sincerità, le ha chiesto: "Come ti sembra di esserti comportata con la nonna?" E la bimba: "Male". "Hai visto che la nonna ci è rimasta male?" E la bimba mentre la abbraccia annuisce. "Sai cosa fanno i grandi quando sbagliano? Perché sai, anche a noi capita di arrabbiarci e di dire delle cose che possono far soffrire gli altri. Sai cosa fanno i grandi allora?" "No zia..." E la ragazza: "I grandi si chiedono SCUSA". 


     "Vuoi chiedere scusa alla nonna?" "No..."
" Vuoi che andiamo a chiedere scusa alla nonna insieme?" "No, chiediglielo tu per me..", nascondendosi dietro le spalle della ragazza. 
"No non posso, sei tu che devi chiederle scusa. Se vuoi possiamo andare insieme in braccio e posso dirle che vorresti dirle qualcosa. Vuoi?" " Ok... " 
La ragazza con la bimba in braccio va dalla nonna e le dice.. "Nonna, la tua nipotina vorrebbe dirti una cosa." E la bimba, nascondendo il viso dietro la spalla della zia, sussurra: "....cusa". 

     E tu, grande che leggi, sai chiedere scusa?

venerdì 15 gennaio 2016

Giocare assertivamente

Quando si stringe una nuova relazione, che sia di amicizia o sentimentale, c'è un principio di innamoramento. 


C'è l'entusiasmo per il trascorrere del tempo in compagnia dell'altra persona, c'è l'ammirazione per le sue qualità, c'è il desiderio di condividersi con quella persona, di aprirle le porte della propria anima. Nell'atmosfera c'è un poco di idealizzazione, grande sintonia e vicinanza emotiva. 


Ma inevitabilmente, prima o poi, giunge il momento del gioco di distanze. Già. Una relazione e' un sottile gioco di equilibri tra distanze e vicinanze, tra presenze e assenze, tra condivisione e riservatezza. 


Giocare, all'inizio di una relazione, e' anche stabilire le regole del gioco che si farà poi. E' porre le basi per la buona riuscita della relazione. Giocare, non è da tutti, ma saper giocare consapevolmente, lo è ancora meno.

domenica 25 agosto 2013

Scatole cinesi

   Scatole cinesi


   Ai mercatini dell'antiquariato di Aix en Provence ho comprato una bellissima chiave antica, in ottone, e una piccola scatola orientale dipinta a mano. 
   Sono sempre stata affascinata dalle scatole; grandi, piccole, medie, francesi, tedesche, inglesi, e poi da quelle cinesi, che funzionano press' a poco così. 
   Vedi una scatola, la apri;  dentro ne trovi una più piccola, la apri; dentro ne trovi una ancora più piccola, la apri.  E così via, fino a quando arrivi alla scatolina più minuscola e piccina che tu possa immaginare. 
       La apri.
     Trovi una chiave anticasottile, elegante, avvolta in un soffice lembo di seta.
     Quella sei tu, la tua parte più intima, il tuo spazio interiore, la tua anima.  
   Prendi la chiave, richiudi la minuscola scatolina, quella un poco più grande, quella più grande ancora, e via dicendo, fino ad arrivare all'ultima scatolona, al di là della quale vedi il mondo.  
E' il mondo, misterioso, degli Altri.
    Così inizi a vedere tante scatole cinesi, perché ognuno ha le sue, e provi ad aprirle.  Con alcuni ti fermi allo scatolone, con altri vai un poco oltre, con altri, pochissimi, inizi ad aprire scatoline via via più piccine.
    Poi ti fermi e immagini.
    Immagini che forse, un giorno nella vita, ti capiterà di arrivare all'ultima scatolina, quella più minuscola e piccina, ma non più da sola. Vedrai la tua scatolina vicino a quella di un altro, vi scambierete le chiavi per aprirle e vivrete di reciproca e autentica comunicazione dell'anima.
   La fantasia si interrompe.

   Oggi, nella mia libreria, c'è una stoffa colorata indiana, su cui poggia una scatola orientale dipinta a mano, con dentro una chiave in ottone; una chiave antica, sottile, elegante. 

domenica 7 luglio 2013

L'albero di pere


L'albero di pere


Quando si è bambini uno dei sogni più ricorrenti è di avere una casetta di legno su un albero. Una casetta tutta nostra, a contatto con la natura, per fantasticare, giocare, immaginare. Una casetta, che però abbia una scaletta, per poter scendere e salire senza correre il pericolo di cadere.
Da grandi impariamo a fare a meno della casetta, pensiamo che sia un gioco da bambini, perché i grandi hanno sempre i piedi per terra, non hanno bisogno di fantasticare, di immaginare. Buttiamo via la scaletta e ci diciamo che va bene così, che non saliremo mai più sul pero. Piano piano non vediamo neanche più l’albero, impariamo a farne a meno, convincendoci che la realtà è altra cosa, che non c’è nessuno spazio per peri, meli, o ciliegi che siano, casette di legno e pentolini.
Però quella casetta rimane lì, con la sua panchetta, il tavolino e i pentolini; tutto resta uguale, solo che tu non ci puoi più andare. 
Pian piano ti rendi conto che la tua casetta ti manca, e tanto, che non puoi far finta che non esista, che non puoi evitare di vederla; devi solo trovare il modo di ritrovare la scaletta, per poter salire e scendere dal tuo pero.
Così ti arrampichi, apri la porta della tua casetta a pochi intimi, e costruisici una scala più grande, per poter salire e scendere insieme.

venerdì 28 giugno 2013

Io, JD e le pippe mentali



Io, JD e le pippe mentali


Scrubs è il mio telefilm preferito, mi fa ridere un sacco e mi rilassa moltissimo.
Mi piacciono tutti i personaggi, ma ho un debole per JD e per le sue pippe mentali… Strano eh? Mi fa ridere JD, che durante una normale conversazione, dopo un po’, si assenta e inizia a viaggiare nel suo mondo, a farsi film mentali, a immaginarsi scenette colorate ispirate a qualche dettaglio della situazione.
E’ così buffo… E Turk che lo conosce talmente bene da riuscire spesso a indovinare anche le sue fantasie inespresse..Ogni tanto poi sono così in sintonia da immaginare entrambi lo stesso film.
Io sono un po’ come JD. Mentre le persone parlano con me, per un po’ ascolto, ma se la conversazione inizia a non coinvolgermi totalmente, mi distraggo, mi soffermo su una sensazione, su un dettaglio, e da lì parto a immaginare le cose più disparate, sentendo la voce di chi mi parla  in sottofondo, come da lontano. Quando è finito il mio film mentale torno ad essere concentrata solo sul discorso, fino al nuovo film in arrivo.. Di solito mi tengo le mie fantasie per me, non le condivido con chi ho davanti.
Capita spesso poi che non mi ricordi un cavolo di quello che mi è stato detto durante il mio viaggio mentale, e così la volta dopo faccio la figura della rintronata che non si ricorda un tubo.
Ma come si fa a interrompere il discorso di una persona e dirgli quello che si sta immaginando? Non si può…. E così ci sono tanti di quei discorsi che mi sono persa e tanti altri che continuerò a perdermi.
E però, non se ne accorge mai nessuno, si vede che sono molto brava a dissimulare la mia distrazione..
Comunque spezzerei una lancia a favore delle pippe mentali. Esiste un libro “Come smettere di farsi le seghe mentali”, ma, mi chiedo io, perché smettere?? Devi smettere se confondi le tue fantasie con la realtà. Ma se sei consapevole che le tue pippe sono pippe, può essere divertente e appagante, a volte, condividerle con gli amici più stretti, quelli che quasi quasi ci leggono nel pensiero, quelli che, se gli confidiamo una fantasia, si mettono affettuosamente a ridere, e non ci fanno mai sentire dei disadattati. Quelli che... come Turk e JD.

giovedì 27 giugno 2013

La direzione della comunicazione

La direzione della comunicazione

Estroversione e Introversione sono due categorie junghiane, che indicano due tipologie di carattere individuale, anche se non esistono in forma pura; sono infatti entrambe energie presenti in ogni essere umano, con diversa predominanza.
Ogni essere umano deve imparare a relazionarsi con la realtà, ma secondo la direzione predominante del proprio carattere naturale.
Un estroverso-dominante tende a partire dalla realtà per arrivare al proprio mondo interiore, desidera sulla base degli stimoli esterni. Osserva il mondo, guarda cosa può offrirgli, e adegua il proprio desiderio a ciò che esiste in natura.
La direzione dell’introverso-dominante è esattamente opposta. Egli parte dai propri bisogni interiori e cerca nel mondo qualcosa che possa soddisfarli. I suoi desideri non nascono in risposta a stimoli esterni. Sono già presenti nella sua interiorità; tutto ciò che deve fare è ascoltarli, trovarli, e cercare il modo di soddisfarli nella realtà.
Una persona tendenzialmente estroversa non sceglie la propria professione sulla base di una vocazione interiore. La sceglie sulla base dei “lavori disponibili”, come se fosse il Menù di un ristorante.
Dopo aver analizzato i piatti sul menù, aver chiesto gli ingredienti, e aver guardato il prezzo, ne sceglie uno che gli stuzzichi l’appetito, che non abbia ingredienti a cui è allergico, e non costi molto. Non sceglie il ristorante per soddisfare un desiderio che ha già in mente. Il suo desiderio di assaggiare una pietanza particolare nasce dopo averla vista nel menù.
Una persona tendenzialmente introversa sceglie invece una professione che corrisponda a un proprio bisogno interiore.
Si forma prima l’idea di ciò che desidera, e poi cerca il modo di realizzare il proprio desiderio nella realtà. 
E’ essenziale saper ascoltare i propri bisogni, e saper ascoltare il mondo esterno, in modo che ci sia un’autentica comunicazione tra i due mondi, e quindi un soddisfacimento individuale realmente possibile.
Questo è possibile se non si sbaglia nel capire la direzione naturale, non unica ma predominante, del proprio modo di comunicare; predominante, perché esiste sempre una corrispondenza biunivoca nella comunicazione tra io e mondo.